La stampa a caratteri mobili
Indice di stampa #02
La stampa a caratteri mobili ha un’importanza anzitutto storica, e il suo studio e la sua comprensione sono fondamentali per la comprensione degli aspetti della grafica anche nell’era digitale.
Introduzione
Come noto ai più, l’invenzione della stampa a caratteri mobili è attribuita al tedesco Johann Gutenberg. Abbiamo però visto nel precedente capitolo di introduzione, come già i cinesi utilizzassero tecniche simili e che, contemporaneamente a Gutenberg, anche altri stampatori tedeschi, boemi, italiani e olandesi stessero lavorando nella medesima direzione.
La stampa tipografica a caratteri mobili ha avuto una grande rilevanza storica fino alla metà (e anche più) del XX secolo. Nel tempo però è stata via via sostituita da sistemi più pratici e moderni. Oggi la stampa a caratteri mobili vive un ritorno in auge per la realizzazione di stampati, anche complessi, che costituiscono vere e proprie opere d’arte. Ma la sua importanza è anzitutto storica, e il suo studio e la sua comprensione sono fondamentali per la comprensione di aspetti della grafica anche nell’era digitale.
In base alla scelta della composizione, carta, torchio e ambiente circostante, scegliamo la tipologia di carattere che più si presta ad ottenere un buon risultato finale.
I caratteri mobili non sono altro che dei parallelepipedi che riportano sulla faccia superiore, scolpiti in rilievo e al rovescio, una lettera, un numero o un segno grafico. Si uniscono per comporre un testo da stampare, e una volta finito, si possono scomporre e riutilizzare: ecco perché si definiscono caratteri “mobili”. Esistono varie tipologie di caratteri mobili: oltre a stili e corpi, questi si differenziano per il materiale di produzione. Esistono caratteri in piombo, legno e plastica. Le differenze? I piombi solitamente sono caratteri con corpi piccoli e molto piccoli, la resa di stampa è netta e precisa.
Sono molto pesanti e poco pratici da maneggiare o spostare. I legni arrivano a corpi molto grandi, sono più leggeri e delicati: col tempo pur avendone estrema cura, evidenzieranno dei segni di utilizzo. La resa di stampa è indubbiamente la più calda ed emozionale: infatti i segni del tempo si riflettono sulla stampa, creando composizioni uniche nella loro imperfezione, che raccontano il vissuto di questi splendidi caratteri. I caratteri in plastica, quelli più recenti, sono caratteri molto “comodi”: resa di stampa perfetta, leggeri e resistenti, estremamente rapidi da pulire e facili da conservare. Dall’altro lato mancano totalmente di quel sapore antico e quel magico fascino che fa da padrone per i piombi e i legni.
Oggi avendo la possibilità di scegliere i caratteri con cui stampare, non sentiamo di dover stilare una classifica di gradimento. Piuttosto troviamo che ogni materiale si adatti perfettamente a diverse situazioni. In base alla scelta della composizione, carta, torchio e ambiente circostante, scegliamo la tipologia di carattere che più si presta ad ottenere un buon risultato finale.
I caratteri vengono conservati all’interno di cassettiere tipografiche, i cui cassetti sono progettati e costruiti per custodire le lettere in modo sistematico, ognuna nel proprio slot, così da facilitare il lavoro di pre e post stampa del tipografo. Negli anni poi, il layout interno del cassetto è stato cambiato e personalizzato in funzione della dimensione e tipologia di caratteri da conservare. Per stampare con i caratteri mobili però, non basta conoscere le caratteristiche sopra elencate, ma è fondamentale conoscere la loro altezza tipografica. Si perché non tutti questi parallelepipedi hanno la stessa altezza! In Europa sono in vigore due altezze del fusto dei caratteri: l’altezza francese, 23,566 mm, la più diffusa in Italia; e l’altezza italiana 24,809 mm. Per stampare con questa tecnica è fondamentale che tutta la composizione abbia la stessa altezza, persino se si tratta di millesimi di millimetro.
La composizione manuale e la stampa tipografica
Come dicevamo prima, la fase di stampa vera e propria è preceduta da una fase di preparazione della forma. Poiché nella stampa a caratteri mobili la forma è costituita solitamente da testo, la fase di formatura si identifica con la fase di “composizione”.In principio si compone la linea di testo prelevando i caratteri dal cassetto tipografico e disponendoli uno a uno sul compositoio, nel caso di caratteri molto piccoli. Nel caso di caratteri abbastanza grandi si può comporre la forma direttamente sul piano di stampa del torchio. Per poter leggere correttamente una forma stampata, occorrerà comporre da destra verso sinistra, in quanto come detto in precedenza, i caratteri hanno le lettere al rovescio, altrimenti sarebbe impossibile riprodurle correttamente. Se non si resta concentrati, sarà molto facile perciò scambiare una p con una q, o una b con una d – che poi si sbaglia anche concentrandosi. Più difficile invece sarà scambiare una u per una n, grazie alla tacca presente sul fusto del carattere, che ne determina la base. Quindi per comporre correttamente si parte da destra verso sinistra con la tacca rivolta sempre verso se stessi. Tra le parole sono inseriti gli spazi, caratteri che non si inchiostrano, quindi non stampanti, di altezza inferiore delle lettere e di diversi spessori. Oltre ai caratteri, altri elementi della composizione possono essere i filetti e i fregi.
Una volta completata, la composizione viene fermata con margini e serraforme. I margini di varie lunghezze e spessori, vengono utilizzati per riempire lo spazio vuoto, una volta incastrati forma e margini, allarghiamo i serraforme in modo da bloccare saldamente tutta la composizione nel piano di stampa. Una volta che la forma è ben salda si può procedere con l’inchiostrazione e la stampa.
Nel nostro laboratorio sono presenti due macchine da stampa, entrambe marchiate OMM Bologna: un tirabozze Sirio completamente manuale, formato di stampa max 35×50 e un tirabozze Explorer, semiautomatico, con formato max di stampa 50×70.
Il principio del meccanismo di stampa è sempre il medesimo utilizzato da Gutenberg, ovvero attraverso la pressione. I caratteri vengono inchiostrati con l’ausilio di rulli detti appunto inchiostranti. Dopo ciò, possiamo procedere inserendo tra i rulli o adagiando il foglio direttamente sui caratteri (a seconda del funzionamento della macchina che stiamo utilizzando) e procedere con la stampa, che avverrà appunto grazie alla pressione esercitata da un rullo, che percorrere tutta la lunghezza della nostra composizione, schiacciando il foglio contro i caratteri inchiostrati. Finito questo passaggio non ci resterà che sollevare il foglio ed ammirare il risultato ottenuto. Spesso capiterà di notare errori e imprecisioni, talvolta si potrà correggere con qualche rapido accorgimento, altre volte si dovrà ricominciare da capo. Questo significa pulire i caratteri, allentare e sbloccare i serraforme, togliere i margini e ripartire con la composizione. Questo è l’unico iter di stampa possibile con questa tecnica. Idem per eseguire più passaggi: se una stampa prevede l’utilizzo di più colori, questi costituiranno tanti passaggi quanti saranno i colori previsti. Un processo lento e che richiede molta attenzione e precisione. Ma questo è proprio quello che lo rende stimolante e affascinante.
Una volta soddisfatti del risultato delle prove, si procede sistematicamente con la stampa manuale di ogni singola copia. Infine si procederà con l’asciugatura, che solitamente impiega circa un giorno. Se una stampa ha più passaggi, tra uno e l’altro dovrà intercorrere l’asciugatura. Leeeeeenta, leeeeenta.
Conclusioni
I processi della stampa a caratteri mobili sono costellati da tecnicismi, conoscenza, storia e cultura. Quando si compone, lo si fa già avendo in mente il risultato, poiché come abbiamo visto non esiste cmd+z, e ogni modifica si traduce in ore di lavoro. Questo articolo è solo una breve e relativamente superficiale panoramica sulla stampa letterpress. Stampare con i caratteri mobili richiede molta calma, concentrazione, calcolo e fantasia. Ogni recupero è una sfida, ogni macchina un mistero da risolvere.